Daredevil — il punto delle prime 2 stagioni
Daredevil è la serie Netflix che ha fatto, giustamente, scalpore negli ultimi tempi. I motivi sono tanti, sia estetici che narrativi, alcuni assolutamente facili da vedere e altri un po’ più nascosti sotto la superficie. Non troppo tempo fa si è conclusa la seconda stagione e ora, a mente fredda e con meno paura di fare chissà quali spoiler, proviamo a dare un’occhiata sotto il cofano. Per quanto mi riguarda Daredevil è un’ottima serie, anzi, direi che relativamente al suo genere di appartenenza è magnifica.
Ci sono alcuni elementi, a mio parere, che funzionano di meno. Elementi tenuti a freno più possibile dagli autori (così pare almeno), ma che probabilmente non possono essere del tutto arginati senza intaccare caratteristiche positive e desiderate. Nel corso dell’ultima stagione, la seconda, Daredevil ha allargato il proprio mondo per comprendere altri due grandi nomi dell’universo Marvel: Elektra e Punisher.
Con questa recensione cercherò di fare il punto sulla serie e sul motivo per cui, secondo me, siamo spanne sopra ad altri titoli anche molto simili, come Jessica Jones. Sarà un po’ lunga, forse, ma spero in senso buono. Solo un avvertimento: io non sono un amante dei fumetti Marvel, non so quanti e quali dei pregi della serie siano ereditati dal fumetto e quanto sia farina del sacco di Goddard e autori vari. Tratterò la serie in quanto tale.
Trama
Matt Murdock è un giovane avvocato di Hell’s Kitchen (un quartiere di New York ma anche una sorta di generico soprannome per indicare un quartiere malfamato), rimasto cieco in un incidente da bambino. Il camion che lo ha investito trasportava sostanze chimiche non ben identificate con cui Matt è entrato in contatto e le quali hanno acuito tutti gli altri sensi molto oltre i limiti umani. Matt può sentire i respiri, i battiti cardiaci, percepire le variazioni di temperatura, gli odori e molto altro. Il risultato è che ci vede meglio di chiunque altro e sa anche intuire con precisione quando qualcuno gli mente o se ha intenzione di attaccarlo. Per mettere a frutto questi poteri nel migliore dei modi Matt si è allenato duramente nelle arti marziali anche grazie a un mentore d’eccezione che talvolta appare nel corso della serie. Matt accosta al suo dovere diurno di avvocato quello notturno di supereroe, coprendosi il volto con una bandana nera e fermando quanti più criminali possibile. La sua motivazione iniziale è semplicemente il (parafrasando): “Perché io posso farlo, e perché i miei poteri non mi permettono di non sentire quel che avviene nel quartiere”.
La prima stagione di Daredevil vede come antagonista Wilson Fisk, un vero e proprio signore del crimine, dotato di grande forza fisica e di un carisma immenso. Fisk vuole appropriarsi di Hell’s Kitchen perché è il luogo che ama di più al mondo e ha delle idee, per quanto estreme, su come rimetterla in sesto. Fisk si appoggia ad altri capi del crimine per realizzare i suoi scopi, come organizzazioni criminali cinesi, giapponesi ed europee; per cui Daredevil si trova a dover risalire la catena di comando fino a confrontarsi con Fisk stesso. Durante la prima stagione fanno la sua comparsa alcuni personaggi impegnati a perseguire scopi non molto comprensibili. Volutamente non comprensibili. Si percepiscono appena trame un po’ più spinte verso il fantastico, diciamo più marveliane, che non vengono tuttavia chiarite ma solo abbozzate.
Nella seconda stagione Daredevil affronta l’arrivo in città di Punisher, un uomo la cui sete di vendetta, accostata a un istinto sovrumano per il combattimento, sconvolge molto più che il mero ordine pubblico. Le azioni di Punisher spingono la criminalità a una reazione a sua volta spropositata e si sa come vanno queste cose. Daredevil tenta di gestire il caos, aggravato dall’arrivo sulla scena di Elektra, sua vecchia conoscenza. La ragazza porta con sé altri problemi che si legano a quelle trame solo suggerite nella prima stagione. La relazione che lega i tre eroi, Devil, Elektra e Punisher, cambia spesso nel corso della stagione, alternando alleanze e rancori. Anche in questo caso la serie vira, sul finale, verso toni più marveliani accentuando la presenza degli elementi fantastici su quelli realistici (o mascherati da realistici).
Hell’s Kitchen
Spendo davvero poche parole sull’estetica della serie, su cui c’è davvero poco da dire. Daredevil è semplicemente ben fatto, quasi perfetto. A parte poche rare esagerazioni, la produzione Netflix sta riuscendo a tenere un registro costante e qualitativamente altissimo sulla messa in scena di questo quartiere, arena comune delle storie di Daredevil, Jessica Jones, Punisher, Luke Cage e tanti altri. La regia è ritmata, attenta ai particolari e fa un uso massiccio ma effettivamente spettacolare dei piani sequenza. La fotografia riesce a mantenersi chiara nonostante le tantissime scene in notturna o in luoghi bui e dialoghi e recitazione sono naturali, quasi mai didattici.
Quindi insomma, tutto bene. Drew Goddard del resto, autore della serie, è un talentuoso “ragazzo” del ’75 che si è fatto le ossa fin da ragazzino scrivendo per Buffy, Angel, Alias, Lost… se gli istruttori della tua palestra sono Joss Whedon e J.J. Abrams, hai buone possibilità di uscirne ben allenato.
Daredevil e la dimensione in più
Daredevil è un avvocato. Teniamo fermo questo punto per un attimo. Ora… A chi interessa che Superman normalmente faccia il giornalista? O che Spiderman sia fotografo? A parte spararsi qualche selfie per diventare il miglior cronista di se stesso, la sua professione non incide nelle sue avventure. Non accade praticamente mai, neanche con gli altri supereroi. L’argomento viene forse appena sfiorato in Ironman, quando Stark deve fare i conti con le armi che lui stesso ha creato in passato a alle mani in cui potrebbero finire. Ma è poca cosa, non aggiunge un reale conflitto.
Matt invece si confronta spesso con la sua professione, perché per lui è importante e implica una scelta precisa, quella di rispettare la legge. Daredevil non uccide mai i criminali che ferma, li fa arrestare. Lui detesta dover fare quello che fa, perché sogna che la giustizia possa fare il suo corso così per come è stata intesa dagli uomini: tramite polizia, avvocati e tribunali. In lui convive l’amore per la giustizia degli uomini e la necessità di sottrarre questa giustizia agli uomini per poterli salvare da pericoli troppo grandi.
Quindi Daredevil offre una dimensione in più che nemmeno la serie sorella Jessica Jones ha. Lei, infatti, fa un mestiere inscindibile dal suo ruolo di eroina, nei confronti del quale non ha alcun conflitto. Matt deve mettere continuamente in discussione i suoi valori, sia come cattolico che come avvocato, a causa della sua doppia identità. Questa dimensione è un elemento a cui magari non si fa caso, guardando la serie, ma che contribuisce in modo notevole ad aumentare l’empatia con il protagonista e ad immergersi nell’ambientazione.
Cieca giustizia
Questa dimensione in più si porta dietro un’altra caratteristica fondamentale per il successo della serie: un tema. Non è scontato, dal momento che neanche Jessica ne ha uno così forte. In Daredevil si affronta il tema della giustizia in modo magari non troppo profondo ma completo, e soprattutto classico.
In sceneggiatura, volendo farla davvero semplice, se vuoi affrontare un tema lo devi prendere, coniugare in vari modi possibilmente antitetici tra di loro e poi crei dei personaggi che incarnino queste differenti visioni dello stesso concetto. Facile no? Quasi. Daredevil riesce a farlo attraverso sia il mondo eroico sia quello umano. Matt pensa che la legge sia intoccabile e lo stesso pensa il suo collega e amico Foggy. Quest’ultimo però è contrario al “compromesso” che Matt fa ogni notte quando si cala nei panni di Daredevil. Anche quando diventa il diavolo di Hell’s Kitchen, Matt è disposto ad arrivare solo fino a un certo punto, punto abbondantemente superato sia da Punisher che da Elektra, personaggi con una visione della giustizia ancora diversa dal protagonista.
Evocativa anche il concetto, mostrato fin dalla sigla, della giustizia cieca, che non deve guardare chi sia la persona che ha commesso una colpa. Il giudizio non deve tener conto di nulla e al tempo stesso la cecità è anche simbolo della difficoltà del processo e del rischio di non vedere o di travisare.
Effetto Marvel
Ne ho già parlato, e non è certo una mia invenzione. L’Effetto Marvel è quel principio per cui se metti in scena dei superpoteri, della magia spicciola o degli elementi fantascientifici esagerati, la coerenza interna te la devi dimenticare. Perché semplicemente non esiste un modo di far tornare tutti gli elementi se ci sono in campo forze del genere. La Marvel ha un particolare nullaosta per questa meccanica, in quanto non ha mai neanche fatto finta che la coerenza interna le interessasse. I supereroi compaiono e scompaiono alla bisogna, i poteri vengono utilizzati secondo necessità sceniche e non strategiche. Come a dire che ci interessa altro della storia, non i poteri. Questo non significa che per chi, come me, non è un appassionato di fumetti Marvel, l’intera questione non sia un compromesso da accettare ogni volta.
Daredevil riesce a non farlo pesare, anche perché i superpoteri sono ridotti all’osso e sono molto, molto più accettabili anche solo (per continuare il paragone) di Jessica Jones. Quanto è forte Jessica? Perché prima ha sollevato un treno e ora ha dei problemi con il barattolo del pomodoro? Perché quando ce n’è bisogno non salta giù (o su) da una finestra visto che ha ampiamente dimostrato di saperlo fare? E Kilgrave… possibile che non abbia mai incrociato un reduce di guerra sordo ma capace di leggere le labbra in grado di gonfiarlo di schiaffi? Lo dico scherzando ma spero di aver reso il punto. Punisher, Elektra, Fisk e gli altri sono sopra le righe ma non hanno nessun potere che li salvi dal dover fare piani umanamente comprensibili per seguire i loro scopi. Daredevil invece ha effettivamente delle facoltà speciali, ma misurabili, moderate. Anche questo aiuta molto l’immedesimazione e soprattutto permette alla storia di tenersi su un registro di avvenimenti “umano”.
“Quello che facciamo tutte le sere, tentare di conquistare il mondo!”
Lo diceva il Prof. a Mignolo. Venendo ai pochi, almeno per me, lati negativi di Daredevil, il primo è sicuramente la motivazione dei cattivi. Per quanto siano riusciti a restituire il romanticismo del personaggio di Fisk e la sua doppia faccia di uomo sensibile e criminale feroce, non basta a elevare le sue motivazioni per più di quel che sono. Di fatto tutti i cattivi di Daredevil vogliono conquistare il mondo, vivere immersi nei soldi, ecc, ecc… Le motivazioni interessanti sono distribuite tra i buoni.
Ripeto che si tratta di difetti minori, non intaccano la qualità della storia, però mi sono chiesto spesso se un uomo come Fisk, date le sue capacità, non potesse seguire strade più vantaggiose per arrivare comunque al suo obiettivo. Recentemente l’esempio migliore di “cattivo” è apparso in Lo chiamavano Jeeg Robot.
Dove sono tutti?
Il mondo di Daredevil racconta una storia che riguarda tutti, un quartiere per non dire un’intera città, eppure si svolge all’interno di una circoscritta e angusta cerchia di persone. Di per sé non sarebbe un problema, se non fosse che proprio le tematiche trattate come giustizia, civiltà e importanza della legge, richiamano la presenza di altri, degli uomini. La rappresentanza del mondo umano in Daredevil è affidata a Foggy, Karen, Claire e pochi altri. Non sono pochi personaggi, ma le loro storie sono sempre più al servizio di quelle dei loro superamici, e trovo sia un peccato. L’umanità viene dipinta come un bambino nella culla, troppo chiusa, disinformata e inconsapevole per proteggersi. Ho trovato questa visione un po’ troppo semplicistica, adatta magari ad altri titoli di supereroi ma qui, su Daredevil, per me sarebbe stato il passo in più.
Zombie ninja sul binario 9 e 3/4
E poi accade. A un certo punto e per ragioni che comprendo benissimo, deflagra la bomba fantasy, evento delegato in gran parte al personaggio di Elektra. C’è necessità di restare attaccati al fumetto e a quel mondo, oltre che la necessità di alzare l’asticella degli antagonisti i quali, per costruzione, devono aumentare il loro potere per fornire sfide sempre nuove e sempre più difficili a Daredevil.
Solo che qui, soprattutto per chi non mastica il fumetto e sinceramente non è interessato a una serie che parli del fumetto ma solo a una buona serie, eravamo in zona protetta. Una riserva naturale in cui un po’ di animali fantastici c’erano, sì, ma eravamo al limite del reale come un rinoceronte rosso, un falco peloso o un ornitorinco (sì, credo che sia un animale fantasy e no, non cambierò idea). Se in questa riserva naturale mi butti un branco di unicorni alati che sputano fuoco, ci sta che io storca il naso.
Alla fine della prima stagione compaiono alcuni elementi fantastici e ho temuto un cambio di rotta di una serie che amavo, una serie dalle tinte scure ma umane. Gli autori sono stati molto bravi a rimandare il momento, iniziando la seconda stagione come se non fosse successo nulla e raccontando altre storie e altri personaggi perfettamente in linea con la prima stagione. Alla fine della seconda, però, il fantastico spinto è tornato, insieme con i timori.
E sia chiaro che non si tratta del fantastico in sé per sé, che a me piace pure. Solo mi chiedo se e come sia possibile continuare a trattare quei temi così ben inseriti in Daredevil, così ben simboleggiati dalla cecità dell’eroe, dalla sua professione di avvocato e dalle sue relazioni personali, se entrano in scena Dissennatori e Uruk-hai. Ecco, tutto qui.
Conclusione
Daredevil è un’ottima serie. Scritta e girata in modo encomiabile. Nonostante alcuni momenti in cui il ritmo rallenta non si ha mai l’impressione che gli eventi arranchino e le storie rimangono ben intrecciate anche quando le ricadute di una trama sull’altra magari tardano ad arrivare. Consigliatissima a tutti, amanti o meno dei supereroi. La dimensione umana recuperata ed esaminata qui è davvero interessante, e ha l’enorme pregio di non essere manichea, di non incidere linee nette tra buoni e cattivi, tanto da mettere spesso in discussione lo stesso Daredevil.